giovedì 13 novembre 2014

Affinità discordanze



Il 14 novembre si snoderanno per Milano due diversi cortei legati dal fine comune di difesa dei diritti basilari dei lavoratori. La FIOM in sciopero generale accompagnata dai sindacati di base dei SICobas da una parte e USB più altre realtà cittadine quali Cantiere e Autonomia Diffusa Ovunque dall'altra. A ciò si aggiunge lo sciopero annunciato a livello nazionale dei trasporti che si preannuncia pesante e deciso in tutti i maggiori centri metropolitani. 


A muovere il corteo FIOM sono le parole d'ordine "lavoro, legalità, uguaglianza, democrazia" e si preannuncia un duplice intervento di Landini e Camusso a fine manifestazione. Curioso come la presenza della segretaria CGIL sia accettata in quest'occasione, considerando il patto siglato a gennaio 2014 da quest'ultima insieme a UIL, CISL e Confindustria. Patto che in poche parole esclude, nei fatti, qualsiasi tipo di rappresentanza per i comitati di base, costringendo i lavoratori a orientarsi esclusivamente verso i tre sindacati confederali che assurgono a bestia a tre teste dalle funzioni ben poco chiaro, e limitano fortemente il diritto allo sciopero. Le apparenze sono ovviamente salve -in caso di sciopero non saranno sanzionati i singoli lavoratori ma le organizzazioni a cui fanno riferimento, e per loro i delegati- ma in una realtà come quella italiana, dove la conflittualità nei luoghi di lavoro a difesa di condizioni che siano anche solo accettabili, non è certo portata avanti dalla triplice, che si è quindi blindata in vista di un prevedibile aumento diconflittualità, alimentata anche dalla crisi. 



Lo stesso Landini, dopo aver fatto la voce grossa, si era rassegnato all'obbedienza agli ordini della sede centrale. Eppure, passato neanche un anno, la Camusso si è ripulita le mani e assurge a difesa dei lavoratori con grande sventolio di bandiere, agita lo spettro di un ipotetico "sciopero generale" senza che nessuno abbia la capacità di concretizzarne fattibilità e finalità pratiche. La mascherata non è, però, ben riuscita: è ormai fin troppo chiaro che la CGIL ha perso ogni incisività e ha, soprattutto, assunto un ruolo di mediazione tra gli interessi del lavoro e le necessità del capitale, sbilanciato a favore di quest'ultimo. Lo si è visto nella mancanza di azioni dirette per contrapporsi alle riforme portate avanti dagli ultimi tre esecutivi (Monti, Letta, Renzi) che sono state un attacco  frontale ai diritti dei lavoratori, arrivando a sostenere il referendum di un partito fascista come la Lega Nord (che ha mostrato una chiara svolta a destra sull'onda europea scendendo in piazza con CasaPound) per la modifica della riforma Fornero. Appellarsi a forze che ormai non esistono più, che ormai non sostengono più certe dinamiche, per minacciare scioperi e blocchi del Paese non ha alcun fondamento reale, fa teatrino buono per telegiornali, controrepliche del governo e per cercare di mantenere intatta una credibilità che è andata a sgretolarsi sempre di più nel corso degli anni.


I SICobas, che nell'ultimo periodo si sono fatti protagonisti di una concreta difesa dei lavoratori, soprattutto nelle aziende della logistica (parlando di TNT e Ikea, per citare solo alcune tra le decine di lotte che vanno a costituire un reticolo su tutto il territorio nazionale) attaccate più volte dal sistema di potere  PD-CGIL-Cooperative, ben collaudato in Emilia Romagna, sono stati l'obbiettivo principale del patto tra la triplice e Confindustria, riuscendo però a mantenere la capacità di mobilitazione e agitazione negli stabilimenti. Sono anzi diventati il principale referente per tutti gli operai che si sono trovati in situazioni di sfruttamento vero e proprio, e tutto questo a ennesima dimostrazione che la vera politica di opposizione si fa ai cancelli e nelle fabbriche, non sui telegiornali. Scendono in piazza con la FIOM proprio per evidenziare le contraddizioni di un sindacato che si vorrebbe come ormai non è più: conflittuale e pericoloso per gli equilibri di potere. 


Rifarsi a tutt'oggi a un ipotetica classe lavoratrice parlandone come di un blocco unito è pura fantasia, ma è necessario che si faccia finta che ci sia perché quando la realtà irrompe allora non si può più credere alle favole e diventa duro sopravvivere. La classe è, ad oggi, disgregata in una miriade di problemi soggettivi creati dalla diversità dei contratti, dalla scomposizione dei sistemi di produzione che hanno mandato in pensione il vecchio modello di fabbrica; gli slogan FIOM possono essere romantici ma rimangono questo: slogan, e con le parole non si cambia nulla. L'azione che è stata invece portata avanti dai sindacati di base ha invece dimostrato quale sia uno dei metodi possibili e produttivi all'interno delle dinamiche di lavoro: riconoscere i nuovi soggetti (migranti, contratti a progetto ecc.) e andare incontro alle loro reali necessità senza se e senza ma, ricostruire un modello sindacale orizzontale e che sia veramente interno alla composizione operaia.



Questi equilibrismi sono importanti per un analisi complessiva delle dinamiche universitarie. Le rappresentanze studentesche sono totalmente delegittimate dallo stesso strumento che le giustifica: il voto. Il tasso di astensioni si aggira attorno al 90% (con picchi paradossali del 100% per alcune facoltà) e la loro stessa esistenza è funzionale ad interessi politici di partiti che, senza eccezione, hanno demolito l'istruzione pubblica tagliando fondi senza alcuno scrupolo. Di contro, i numerosi gruppi che si trovano tra le mura della Statale riescono a incidere ben poco sulla massa degli studenti, anche loro relegati alla marginalità dall'idea comune di essere un residuo del passato; il fare affidamento ai soliti slogan triti e ritriti e a un immaginari completamente fuori dal tempo non aiuta di certo. Da qui la necessità di re-intervenire trasversalmente a una soggettività studentesca completamente molecolarizzata, di reinventare linguaggi e pratiche sulla base delle necessità reali che emergono dal vissuto quotidiano.


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