mercoledì 7 gennaio 2015

Che cos'è un giornale?


Oggi, non lo sa più nessuno.
Il mondo è complesso. Cambia. Sta cambiando a una velocità impressionante.
La Stampa era considerato il Quarto Potere per eccellenza. Poi, il Quarto Potere si è capito che era il Potere dell’Informazione. Non più veicolata da mezzi fisici…ma digitali.

E chi ha il potere di informare?
Noi.
Abbiamo il potere di informare e deformare, informare formandoci.
Non serve un ennesimo blog di notiziole. O di pseudointellettuali che vogliono avere sempre l’ultima parola su tutto: abbiamo ancora tutto da imparare. Alcuni di noi studiano.
 Molti di noi non hanno un lavoro. Viviamo nel 2015, nella Milano dell’Expo, del capitalismo in crisi NERA.
E questa crisi passa direttamente nelle nostre vite, ci taglia in due, ci seziona. Non riusciamo più a ritrovare noi stessi in quello che facciamo. Fare un giornale può essere come fare QUALSIASI ALTRA COSA. Postare una foto su Facebook o drogarci il sabato sera. Quello che vogliamo è trovarci, anzi, RI trovarci.
Per fare questo, scriviamo. Tutti abbiamo qualcosa da scrivere. E tutto ciò che scriviamo vale la pena di essere scritto, e quindi letto. Ma non perché abbia qualche supposto valore letterario, bensì perché è scritto da NOI.
Quindi, processi di scrittura continua e collettiva, una pergamena anonima di fiori teorici pronti a sbocciare ogniqualvolta uno sguardo curioso e giovane (non in senso anagrafico, ma spirituale) si poserà su di loro.
Non sempre ci è dato esprimere quello che vogliamo; quasi mai di esprimere quello che SIAMO.
 Eccolo lì!
Il nostro tentativo è banale e complesso al tempo stesso, cioè esprimere noi stessi in tutte le nostre sfaccettature. Che poi questo si faccia bene o male poco importa, l’importante è che si inizi a fare per cominciare a imparare a camminare insieme.
Sullo striscione che apriva una delle ultime manifestazioni che si sono tenute negli U.S.A in sostegno alle vittime delle violenze poliziesche, vi era scritto:

“If we breath, we breath together”

Questi fratelli Yankee hanno ragione. E noi aggiungiamo: respirare insieme, vuol dire cospirare insieme.
Senza la cospirazione non siamo niente, diventiamo poveri esserini pieni di paure, immobili nella loro sordida incertezza, che mai faranno niente senza l’autorizzazione di questo o quel capo, di questo o quel genitore, di questo o questa fidanzata. Insomma. E’ arrivato il momento di MUOVERSI.
Dove non importa. E’ al bar sotto casa che si fanno gli incontri più belli e inaspettati.
Come spesso accade, i morti ci vengono in aiuto:
“Non serve andare lontano, perché sotto ogni asfalto c’è il mare, e dietro ogni angolo, la luna.”

Grazie tante, Primo Moroni.

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