lunedì 23 febbraio 2015

L'angelo e le sigarette

Quando è iniziata l’Apocalisse stavo copiando degli appunti in un’aula dell’università. Ogni tanto alzavo gli occhi e mi giravo sulla sedia ed è stato così che ho notato che fuori dalle finestre nevicava sangue (che fosse sangue l’ho saputo solo dopo, una volta che l’angelo mi ha parlato. Sul momento ho creduto fosse per via di una di quelle tempeste di sabbia che in qualche modo portano la polvere rossa fin dentro le nubi).
Non avendo nessun tipo di preparazione e non essendo un fanatico non ci ho dato peso; ma quando poi sono uscito a fumare una sigaretta e un fiocco piuttosto grosso mi è caduto sulla mano e invece di sciogliersi ed essere freddo era tiepido e si è solo un po’ squagliato ho pensato che qualcosa non andava.
E’ stato mentre ci passavo sopra le dita che è apparso l’angelo.
Stavo sul pianerottolo delle scale antincendio al secondo piano e non c’era nessuno intorno né nei vialetti del campus –cosa non strana dato che era orario di lezione e per di più l’ultimo giorno prima delle vacanze-, quindi mi sono stupito di sentire una voce che diceva: <<Fa un effetto, eh?>>.
Mi sono voltato e di fianco a me c’era un tizio in maglietta e costume da bagno, a piedi nudi e con due ali enormi sulla schiena.
<<Eh sì>>, ho assentito, incerto se si riferisse alla neve o alle ali e al fatto che stava in aprile in costume. Ultimamente si facevano delle feste in costume davvero idiote, ma a parte Gesù o Superman non si era mai visto niente di troppo fuori dal normale. Forse era perché si capiva che quella gente non era davvero Gesù o Superman, lo vedevi che erano solo scemi come te, con una birra in mano e le scarpe da ginnastica.
Questo invece non solo sembrava convinto e per niente ubriaco o fatto ma c’era qualcosa nel suo modo di stare lì a guardare –me, la neve, gli alberi- che non ti metteva esattamente a tuo agio ma allo stesso tempo ti dava un senso di calma, un po’ come nell’istante in cui ti tuffi e vedi il mare da dieci metri senza la roccia sotto i piedi. Non so se mi capite, ma anch’io sul momento ero un po’ confuso. << Ti consiglio di non metterla in bocca>>, ha detto vedendo che avvicinavo la mano sporca alla faccia per guardare da vicino.  <<Vedi, è sangue.>>.
Adesso lo stavo guardando come guardi un ritardato in mutande sotto la neve, bianca o rossa che sia. Non ci ha fatto caso e ha proseguito: <<Non è che avresti una sigaretta?>>. Glie ne ho passata una dal pacchetto e mi ha fatto segno che non aveva l’accendino, così l’ho tirato fuori e glie l’ho dato. Lui ha detto <<Grazie>>, se l’è accesa e ha fatto un tiro lungo.
<<E allora?>>, ho detto io.
<<Allora cosa? Non dirmi che non te lo aspettavi.>>. Siccome continuavo a guardarlo strano, si è stretto nelle spalle e ha proseguito: <<E’ l’Apocalisse, Alfio. La Fine dei Giorni, il Gotterdammerung se preferisci, l’ Ora del Giudizio, requiescant in pace. Si fa piazza pulita e si comincia da capo.
Doveva succedere, si era stati chiari su questo punto.>>. Tutto continuava a sembrarmi un sogno. Faccio sogni parecchio strani. La sera prima avevo sognato che un mio ex compagno del liceo vomitava tutta la notte prima contro un albero e poi in piedi sul divano di casa sua. Quando chiudo gli occhi di notte mi capitano cose assurde. Una volta ho pugnalato alla schiena mia nonna con il coltello del pane e mio nonno era così incazzato che mi inseguì per tutta la casa con una pistola in mano. Poi anche se mi accorgo che in realtà sto dormendo non dà fastidio, così ho fatto sì con la testa.


<<Chiaro. Logico, perfettamente. Quindi ora che succede?>>.
<<Non so>>, ha detto l’angelo, <<è la prima volta anche per me. Mi hanno mandato a dare un occhio, per farmi un’idea. Magari alla prossima dovrò dare una mano a organizzare. Avresti un’altra sigaretta? Da noi è difficilissimo trovarle.>>. Ne ho presa una per me e gli ho lanciato il pacchetto. Non me l’ha restituito.
<<Non so, è che non mi sembri molto credibile… non dico che tu non sia serio>> l’ho rassicurato,<<ma vieni qua senza un motivo, non sai quasi nulla, cioè, avrai pure uno scopo, una missione, no?>>.
Mi ha guardato con diffidenza: <<Non è che stai pensando ad un biglietto d’uscita, eh? M’hanno detto che in queste situazioni a volte non ragionate più, vi mettete a fare richieste irricevibili.>>. Ha acceso un’altra sigaretta, nervoso. Tanto ormai… Avevo visto che se n’era infilate persino un paio nel costume, ma si vedeva che gli piacevano davvero molto e non ho fatto storie.
<<Vorrei solo capire che succede. Non è che sono già morto, tipo, e tu sei qui a prendere la mia anima o cose simili? Cerca di capirmi. Non puoi spiegarmi proprio nulla?>>.
Ha sbuffato. <<Che vuoi che ti dica, bello? Io non so un cazzo preciso a te, sono appena entrato in compagnia, mi hanno solo mandato a controllare che non ci fossero casini!>>.
 <<Tipo?>>.
<<Tipo gente che va fuori di testa, si butta dalle finestre, che ne so, avrai visto anche tu qualche film… stupri, massacri, saccheggi, sai, il salto dei freni morali e l’avvento del Chaos… non è roba di tutti i giorni.>>.
Ho iniziato a incazzarmi. <<Ma che buffone! Davvero, fai tutta la scena “questa è la fine, amico, abituati” ma in pratica mi dici che sei il bidello dell’Apocalisse, e allora che sei venuto a dirmelo a fare? Non c’era nessun altro deficiente a darti retta?>>. Abbassa lo sguardo, improvvisamente imbarazzato.
<<Veramente volevo solo scroccarti qualche sigaretta… Sul serio, dalle mie parti non trovi mai un tabacchi aperto! Ogni volta che capitiamo qua si cerca di approfittarne, sai.>> .
Sono rimasto lì senza trovare nulla da dire, perché davvero la situazione era cosi assurda che non trovavo neanche la forza di dargli addosso. Ho iniziato a pensare che era tutto una balla, e che oltretutto era quasi ora di cena e non avevo ancora fatto la spesa.
<<Sei proprio un coglione>>, ho buttato lì alla fine, quasi amichevole <<e ‘sta roba al massimo è sabbia>>, e mi sono passato un dito in bocca.
<<OH CAZZO>> ha fatto l’angelo, ed è sbiancato. <<Questo non va bene! Oh cazzo>>, ha ripetuto piano. Ha buttato la paglia e ha iniziato ad agitarsi. A un certo punto sembrava che volesse tirarmi un pugno, poi ha iniziato a salire le scale precipitosamente.
<<Calma, calma, e che sarà mai? Tanto a ‘sto punto neanche tu sei un angelo>>. Ormai non ero neanche più arrabbiato, più che altro volevo evitare facesse qualcosa di troppo stupido. Ho fatto un passo seguendolo sulle scale, ed è stato allora che ho capito di aver fatto una cazzata.
Di colpo la testa ha preso a girare in tondo mentre le mani sembravano di pietra, rigide e pesanti. Mi si è seccata la gola all’istante e gli occhi hanno iniziato a lacrimare, totalmente fuori fuoco. Intanto sembrava che tutti gli allarmi della città, filtrati da un amplificatore per basso, fossero scattati  a dieci centimetri dalla mia testa. Sono caduto sui gradini, con il respiro corto e la tachicardia che montava e la vista sempre più offuscata.
L’ultima cosa che ho visto è stato l’angelo che arrivava di corsa con altre due persone, agitatissime anche loro, e iniziava a parlare velocemente girando la testa ogni tanto verso di me. Poi le lacrime mi hanno riempito la faccia e ho visto solo grigio.

Adesso sono in una palestra comunale, mi sembra. C’è il campo da basket e una rete da pallavolo sul pavimento di gomma, e le gradinate e il tabellone segnapunti appeso al muro. Ci sono anche le docce ma non funzionano, esce solo un po’ d’acqua dai rubinetti, tiepida ma abbastanza pulita.
C’è anche altra gente; alcuni sono seduti in terra, un paio tentano dei tiri a canestro. Una ragazza davvero bella continua a controllare il cellulare con aria preoccupata. Ho pensato di andarci a parlare ma nessuno qui sembra averne voglia e in fondo nemmeno io, quindi per il momento lascio perdere.
Non l’ho notato subito ma qui a tutti manca qualcosa. La ragazza ad esempio non ha un dito della mano sinistra: sparito, come se non ci fosse mai stato (e infatti non ho capito qual è. Avevo pensato a un approccio divertente, del tipo “ti è scomparso un medio o un anulare?”, poi mi sono reso conto che sarebbe stato un suicidio). A un tizio sulla cinquantina manca un orecchio, anche quello sparito senza traccia. Quelli che fanno più impressione sono senza naso, o labbra, alcuni senza una mano. Se ne stanno fermi con lo sguardo fisso e concentrato come se cercassero di riprendere un discorso interrotto.
Io ci ho messo qualche minuto, toccandomi dappertutto (ho anche controllato di avere ancora tutti i denti), per rendermi conto che non avevo più i capelli. Completamente calvo, e devo dire che non è stato facile accettarlo.
Ho detto che non si parla con nessuno, qui, ma non è esatto: appena arrivato, quando ho aperto gli occhi nello spogliatoio femminile, ho visto di fianco a me un ragazzo più o meno della mia età e gli ho chiesto se sapesse dove eravamo. Ho finito per raccontargli tutta la storia, e lui non ha detto niente fino alla fine, poi mi ha chiesto se avessi delle prove. E a me è venuto in mente che l’unica cosa che mi era rimasta dell’incontro con l’angelo era un pacchetto di sigarette in meno, e ho pensato che almeno lui se le stava godendo, dal momento che qua nessuno ha nemmeno non dico una sigaretta, ma anche solo del tabacco.

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