giovedì 4 febbraio 2016

La macchina del tempo




[Sono consapevole che fare politica comporta impegno e difficoltà, e non intendo sminuire gli sforzi di chi ci si applica, o additare la verità; voglio comunque evidenziare alcuni limiti della pratica politica militante, o anche solo sfogare il disagio di aver ascoltato troppe volte "Contessa" in manifestazione.]

Qualche giorno fa sono stato ad un corteo antifascista. Si trattava di contestare un convegno indetto dalla Lega Nord che ospitava diversi partiti di destra europei (alcuni apertamente neofascisti come il Front National).
Eravamo forse millecinquecento persone, abbiamo camminato per le strade deserte della semi-periferia ovest di Milano -un posto dove puoi fare kilometri senza vedere un bar o un negozio aperti- fino al centro congressi, ci siamo trovati ad un incrocio con polizia da ogni lato e venti metri di transenne, qualcuno ha tirato dei fuochi artificiali in cielo. Durante il percorso dei ragazzi hanno riempito i muri di scritte come “odio la lega”.
Non ho avvertito né provato entusiasmo o gioia o anche solo la sensazione di fare qualcosa di utile per tutte le tre ore che sono stato in quel corteo. Provo a spiegare perché, anche se questo scritto è più un tentativo di capire che di spiegare.
Tutto nasce dalla incapacità di comunicare quasi totale che è una caratteristica di gran parte dei movimenti politici informali. Questa incapacità è sia una causa che un effetto della distanza che separa i movimenti dalla società che li contiene, di cui sono un accessorio e non una parte integrante (con alcune evidenti eccezioni, la Val Susa per citare la più nota).
Appena arrivato in piazza sono stato accolto da un pezzo degli Ska-P e da un gruppetto di digos piazzato all'uscita della metropolitana, e non so dire cosa mi sia piaciuto di meno. Quasi ogni volta che vado in manifestazione c'è un camion in testa al corteo con un impianto stereo e delle casse, e io provo un senso di sconfitta quando parte “Curre curre guagliò” dei 99 Posse. Anche stavolta è successo: credo che potrei scrivere la corteo-compilation del 2016, e non perché sono amico del DJ: semplicemente è quella del 2015, che a sua volta è quella del 2014, eccetera. Il suo brano più recente è (a parte qualche hit stagionale che varia di volta in volta) del 2011, credo; c'è un nucleo fisso di una ventina di pezzi e qualche singolo che cambia a seconda dei gusti (non sempre)1. È una cosa che ti fa pensare che vita e politica abitino due mondi diversi, uno dove il tempo passa e uno in cui si è fermato intorno al 2008.
Il tutto sembra messo insieme da un giornalista a cui abbiano detto di fare una playlist di “musica antagonista”; la cosa triste è che presi singolarmente i selecter del furgone ascoltano anche altra musica, ma qualche forza invisibile li spinge (a qualsiasi organizzazione appartengano) a mettere sempre gli stessi pezzi. 
Una volta -ricordo la data senza bisogno di controllare: 10 maggio 2014 a Torino, eravamo davanti alla stazione di Porta Susa- ho quasi pianto di gioia sentendo partire “Piombo e fango”, una produzione di Mr Phil che era così tante spanne sopra la media del corteo che non conta che sia del 2006; ho avuto paura per tutto il tempo che qualcuno la togliesse per rimettere i Modena City Ramblers.

"Il disonor del mondo. Brutti porchi maledetti."


Al di là del sospetto di un esperimento pavloviano che non riesco ad allontanare (e ancora peggio dell'ipotesi che qualcuno ascolti con piacere gli Ska-P) il messaggio è: “siamo la caricatura di noi stessi”.
Quasi metà della gente in piazza era intorno ai vent'anni, a volte poco sopra i quindici. “Curre curre guagliò” ne ha ventitré. Davvero non abbiamo saputo esprimere di meglio in ventitré anni? Perché a nessuno viene in mente di ascoltare musica non-da-corteo ad un corteo? Come mai bisogna creare una sorta di marchio di fabbrica dell'impegno politico, con la giacca della Bundswehr, il fumo e il reggae scadente? È utile? Se sì, a cosa? Gli studenti medi ascoltano davvero “musica antagonista”? Se sì, perché incoraggiarli in questa abitudine deleteria? Perché rafforzare uno stereotipo che contribuisce a chiudere la militanza politica in una bolla impermeabile, senza contatti col mondo reale e relegato per moltissimi nel campo delle mode adolescenziali? Si può essere ben certi che chi smette di ascoltare certa musica e di farsi i cilum in cortile smetterà come automaticamente di andare in corteo, che era la rappresentazione simbolica dell'impegno politico e che insieme alle spillette verrà accantonato con un po' di vergogna alla maggiore età.
C'è una incapacità di comunicare verso l'esterno come verso l'interno. La musica racconta al mondo e a chi la ascolta una storia priva di senso, senza contatti con la realtà fisica; costruisce da sé il suo mondo in cui tutto funziona e rinuncia all'impatto con le contraddizioni. Allo stesso modo parole come “Milano è antifascista” non hanno nessun valore, oltre ad essere palesemente false. Sono uno slogan, una frase che si può pronunciare senza pensare, che viene incontro alla tentazione di credere che la verità stia nelle parole e non nei fatti -che dire qualcosa equivalga a far avvenire qualcosa.
Milano è nel migliore dei casi indifferente al fascismo; al di fuori dei militanti la sua componente politica attiva, cioè i cittadini istruiti e benestanti, ha come unico denominatore la “moderazione”, cioè l'immobilità politica e sociale; la maggioranza dei suoi abitanti non ha alcun interesse per la politica al di fuori della sua dimensione mediatica (talk show, “ruspa!”, scandali) ed è naturalmente incline alla guerra fra poveri. Perché facciamo finta che non sia così? Perché parliamo a nome di gente che non la pensa come noi, e che probabilmente non ci ama? Perché non ammettiamo di essere un'eccezione e non la maggioranza?
Forse se dovessero scegliere tra i fascisti e chi li combatte i milanesi sceglierebbero i primi, con le loro manifestazioni ordinate, la loro disciplina, i vestiti rassicuranti da cresima, e l'odio per gli stranieri. “Antifascismo” ha perso il suo significato tranne che per pochi e poche: per i non addetti è solo un'altra parola senza senso utile a definire un gruppo umano, come “centri sociali” o “black bloc” o “femminismo”. Essere contro il fascismo vuol dire nella narrazione dominante fumare canne, andare in corteo, parlare in un megafono e non avere contatto o potere sulla realtà. Noi puntualmente confermiamo questo stereotipo. Perché ci accontentiamo di raccontarci come una sottocultura e non come un'opzione politica?


b.
1 Costruisci la tua corteo-compilation:
- Articolo 31, “Spirale ovale” (2002), più almeno altri due pezzi da “Domani smetto” (2002)
- Ska-P, “El vals del obrero” (1996), “Legalizaciòn” (1996), “A la mierda” (2000), più almeno altri due pezzi dalla discografia completa
- Modena City Ramblers, “I cento passi" (2004), “Bella ciao”ft. Goran Bregovic, più almeno altri tre pezzi dalla discografia completa
- The Clash, “London Calling” (1979)
- Bob Marley, “Jammin'”(1977), “Stir it up” (1967), più almeno altri tre pezzi dalla discografia completa
- Meganoidi, “Supereroi contro la municipale” (2000)
- Assalti Frontali, “Cattivi maestri” (2011), più almeno altri tre pezzi dalla discografia completa
- ora continua tu! Non dimenticare un po' di Stormy Six; almeno un pezzo di Caparezza; qualcosa dei Punkreas; si accettano anche AC/DC, Rolling Stone, Blink 182.

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