L’Universitá
Statale di Milano é un posto tranquillo, da molto tempo, e agli
studenti piace cosí. È un posto pieno di aule e biblioteche dove
seguire lezioni, studiare e dare esami. La creativitá studentesca vi
si esprime normalmente attraverso una radio di ateneo, qualche
giornale e un modesto consumo di cannabis e derivati.
Quando
questa quiete viene interrotta i
suoi guardiani – questore, sindaco, presidente della provincia,
comandanti delle forze dell’ordine e rettore: il Comitato
Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica – si adoperano
per restaurarla il piú rapidamente possibile. Il modo in cui il
Comitato agisce illustra molto bene da dove venga questa pace e cosa
significhi: ogni volta che gli studenti si organizzano in modi non
previsti dal regolamento vengono inviate una decina di camionette di
polizia e carabinieri in assetto antisommossa, a presidiare il posto.
A volte si limitano a stare fermi davanti agli ingressi; altre volte
entrano, come quando caricarono degli studenti che avevano occupato
un’aula; altre volte blindano i cancelli e l’universitá rimane
chiusa, vuota e tranquilla. Alla
maggior parte degli
studenti dispiace che la calma e il silenzio siano interrotti per
qualche ora o qualche giorno dalle grida e dal rumore degli anfibi
sul marciapiede, e dispiace molto non poter seguire le lezioni e dare
esami: ma è un prezzo che pagano in fondo volentieri, perché sanno
che è grazie a quelle camionette che possono godersi tutto l’anno
la quiete che gli piace tanto.
Alcuni studenti hanno organizzato per lunedí 13
febbraio un incontro pubblico con
un
dottorato
dell’Universitá di Torino
che ha attraversato Palestina, Libano e Iraq per poi arrivare in
Siria, dove ha partecipato alla rivoluzione del Rojava, nel
nord-ovest del Paese, il Kurdistan siriano. Lí gli abitanti stanno
costruendo una societá multietnica basata sulla giustizia sociale ed
economica, opponendosi al settarismo dei jihadisti e
all’autoritarismo dei governi siriano e turco. Durante il suo
viaggio (tra febbraio e agosto 2016) Davide Grasso ha documentato e
analizzato la situazione politica e le ragioni della guerra,
esponendosi come testimone in zone ad alto rischio, e in Rojava ha
deciso di prendere le armi insieme alle YPG (Unitá di Protezione del
Popolo), una forza armata autonoma, per combattere contro lo stato
islamico.
Davide Grasso ha rischiato la vita per proteggere un esperimento di democrazia, mostrando che agire è possibile al di fuori dei telegiornali in cui intellettuali e politici parlano di scontro di civiltá. Ha mostrato che coraggio e generositá non sono parole, facendo una scelta che pochissimi di noi sanno fare. Per dare al maggior numero di persone l’opportunitá di confrontarsi con una fonte diretta e competente su degli eventi di tanta importanza per le nostre vite alcuni studenti hanno pensato di chiamarlo a parlare in un’aula della Statale, e hanno inoltrato richiesta all’amministrazione di ateneo.
Davide Grasso ha rischiato la vita per proteggere un esperimento di democrazia, mostrando che agire è possibile al di fuori dei telegiornali in cui intellettuali e politici parlano di scontro di civiltá. Ha mostrato che coraggio e generositá non sono parole, facendo una scelta che pochissimi di noi sanno fare. Per dare al maggior numero di persone l’opportunitá di confrontarsi con una fonte diretta e competente su degli eventi di tanta importanza per le nostre vite alcuni studenti hanno pensato di chiamarlo a parlare in un’aula della Statale, e hanno inoltrato richiesta all’amministrazione di ateneo.
Piergiuseppe
Dilda, capo dell’Ufficio Rapporti con gli Organi di Governo e
Attività Istituzionali, non crede che questo incontro sia
un’opportunitá: “la partecipazione di un combattente
all’incontro in questione è fonte di elevato rischio per la
comunitá universitaria”, scrive in risposta alla domanda di
concessione spazi. Forse immagina che Davide si presenterá in tenuta
mimetica armato fino ai denti. Forse teme che spunti un jihadista
dallo sgabuzzino, venuto apposta a combattere l’antico nemico. O
forse è stato consigliato da quegli Organi di Governo con cui tiene
i Rapporti e che, si puó pensare, gli danno consigli su come gestire
le Attivitá Istituzionali. Forse c’entra qualcosa il Comitato
Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica: il rettore, il
sindaco e i capi della polizia, che giá due anni fa (16-18 gennaio
2015) avevano collaborato per chiudere l’universitá senza
preavviso per tre giorni per impedire un’assemblea pubblica su
Expo. Oggi come allora forse si vuole evitare che la vita reale entri
tra quelle mura, dove la conoscenza si misura in voti e dove (stando
agli esperti) “troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono
poco e faticano a esprimersi oralmente” (Gruppo
di Firenze, 4 febbraio 2017).
Allora molti studenti si indignarono contro quei facinorosi che volevano usare l’universitá per fare altro che studiare e dare esami, costringendo l’incolpevole rettore a chiedere l’invio di quindici camionette di polizia per vegliare sui cancelli sbarrati. Molti studenti e studentesse videro la polizia come un amico che proteggeva le loro aule dal chiasso e dalle scritte sui muri: in fondo una giornata persa vale bene un po’ quiete e pulizia.
Allora molti studenti si indignarono contro quei facinorosi che volevano usare l’universitá per fare altro che studiare e dare esami, costringendo l’incolpevole rettore a chiedere l’invio di quindici camionette di polizia per vegliare sui cancelli sbarrati. Molti studenti e studentesse videro la polizia come un amico che proteggeva le loro aule dal chiasso e dalle scritte sui muri: in fondo una giornata persa vale bene un po’ quiete e pulizia.
L’incontro
(che ha quasi 700 tra interessati e partecipanti sulla pagina
dell’evento in facebook) si terrá lo stesso come previsto: lo dicono gli
studenti della pagina fb “Assemblea della Statale” e lo conferma
Davide dalla sua, dicendo che è importante “mettere in chiaro che
deve restare possibile raccontare pubblicamente ciò che accade in
Siria”. Non si sa come reagirá il rettore e con quali criteri, e
nemmeno come reagiranno gli studenti. Forse continueranno a pensare
che la cosa non li riguarda, oppure che è interessante ma purtroppo
devono seguire il programma di studi – magari sottolineando righe
che elogiano la disobbedienza civile e il pensiero critico. Forse
decideranno che dopotutto esistono sale conferenza e teatri per
queste cose, e che chi vuole parlare di certe cose per forza in
universitá è solo un arrogante che impone il proprio punto di vista
agli altri – probabilmente la stessa gente che fa le scritte sui
muri e alza la voce.
Esiste
la possibilitá che gli studenti decidano che uno dei piú avanzati
esperimenti politici e sociali esistenti al mondo meriti lo stesso
rispetto e la stessa attenzione, almeno per un pomeriggio, dei corsi
tenuti dai professori: e che vogliano parlare e discutere tra loro e
con Davide di queste cose, e della libertá e del suo non essere solo
una parola. È possibile che facciano questo, anche se volesse dire
andare contro il regolamento e rompere la quiete. Ma per sapere se
succederá bisogna aspettare lunedí.
b.
La
pagina fb dell’incontro è Incontro pubblico con Davide Grasso
combattente delle YPG,
https://www.facebook.com/events/1633047570043988/
Davide
Grasso tiene un blog in cui ha raccontato la sua esperienza e in cui
analizza la situazione politica europea: quieteotempesta.blogspot.com
Sabato
11 ci sará una manifestazione a Milano in sostegno alla resistenza
kurda e al suo comandante Abdullah Ocalan, in carcere da 19 anni, con
partenza alle 14 da Palestro: evento fb Corteo nazionale a Milano per
la libertá di Öcalan,
https://www.facebook.com/events/202055620262710/
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