mercoledì 4 febbraio 2015

Potenze

Potere.
Sostantivo e verbo allo stesso tempo.
Così vicini nel suono e così nemici nel significato.
Si potrebbe pensare che il Potere non è altro che il sostantivo che identifica chi può: no.
Liberiamoci dall'accomunare un così bel verbo con un così odioso nome: il Potere in quanto sostantivo è l'emblema di ciò che odiamo, il simbolo della prevaricazione, il mezzo con cui si può dar vita allo sfruttamento e al governo; il potere come verbo è qualcosa di fantastico, il potere se stessi e il potere ciò che si vuole, liberi.


Così si giunge per forza ad un altro verbo da ritenersi centrale.
Volere.
Riappropriarsi del potere, del verbo potere e tornare a volere le nostre essenze e i nostri desideri, sfiduciare qualsiasi tipo di compromesso, se non la libertà altrui, e distruggere la miseria in cui è finito il nostro essere.
Chi vuole fa paura, chi vuole afferma sé, questo spaventa.
L'uomo, contento e placato da qualche soddisfazione vede la libertà in una tranquillità generale, soccombe al proprio essere con l'ordine.
Disgusto e fastidio nel pronunciare questa parola: ordine.
In un momento in cui l'uomo non può più ciò che vuole l'ordine è il mezzo con cui mantenere il presente paralizzato giungendo a decretare che la storia finisce oggi, qui e ora.
Volere e potere, potere e volere; il Potere sostantivo ci ha insegnato per anni a stare lontani dai nostri desideri più profondi, ci ha abituato a non conoscerci, ci ha anestetizzato alla sottomissione.
Ma ora, comprendendo il senso di essere, noi possiamo tutto.

Tiresia

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