venerdì 26 giugno 2015

Il ballo di RedBull

"Grande festa sotto le stelle in università Statale a Milano. Alla 'A Night at the Radio', evento organizzato da Redbull Motion in tour con Radio Statale..." (http://milano.repubblica.it/cronaca/2015/06/20/foto/milano_festa_radio_statale-117315114/1/#4)


Venerdì 19 giugno un'associazione studentesca (Radio Statale) ha invitato una grande multinazionale ad entrare nella Statale, consentendole di utilizzare per ore gli spazi dell'università e di pubblicizzarsi attraverso la sua immagine. La festa “A Night at the Radio” è stata permeata dalla presenza di un noto marchio di bibite, con distribuzioni gratuite e costanti e il nome del brand ovunque ben visibile.
Davanti a tutto ciò nessuno ha battuto ciglio.
Nessuno tra organizzatori, amministrazione universitaria, partecipanti, stampa si è reso conto del significato dell'azione commessa: o forse sì?
Repubblica ha dedicato all'evento una carrellata fotografica i cui soggetti principali sono studenti intenti a divertirsi nel cortile del Filarete. Su 15 foto, solo in 2 non compare il marchio Redbull.
Redbull è stata menzionata come il principale sponsor nonché organizzatore della serata. E tutto, effettivamente, sembrava avere l'odore di gomma da masticare tipico della bibita.
Oltre al mega-palco sul cui fondo troneggiavano i due tori-simbolo, brand storico della bevanda, all'ingresso sostavano le ormai arcinote macchine che distribuivano gratuitamente lattine a tutti gli studenti. Da non dimenticare il privé, situato per l'occasione nel Chiostro della facoltà di Filosofia: un'area inaccessibile ai non addetti ai lavori e ai loro amici, con immancabile stand e bar targati Redbull. 
Una radio amatoriale, universitaria, in cui gli studenti non vengono pagati per il loro lavoro, non dovrebbe  essere un mezzo di espressione libera, senza fini di lucro?

Potremmo porci una domanda interessante: come fa un’azienda privata senza alcuna finalità culturale  a partecipare in forma egemonica all’organizzazione di un evento universitario?
Cosa impedisce che dopodomani Esselunga organizzi una serata jazz con surgelati in omaggio?
Forse niente. Forse chiunque, che sia ente privato o meno, dopo questo precedente può usare la Statale a scopo di lucro pagando un tot e avvalendosi del lavoro gratuito dei ragazzi e ragazze di un’associazione studentesca. Siamo complottisti se ci chiediamo cosa impedisca a un privato di finanziare direttamente l’Ateneo in cambio di un’insegna pubblicitaria sui suoi muri, di un punto vendita interno, di qualche convenzione commerciale –“20 % di sconto sul detersivo per gli iscritti a Unimi!”?

Sfruttare l'università per fini puramente commerciali è una sconfitta per la società intera.
Una festa organizzata da studenti si è trasformata nel palcoscenico di una multinazionale che produce bevande gassate zuccherate a base di caffeina. Questo è il dato che abbiamo riscontrato. 
Chi ha permesso tutto questo?
Se Repubblica ha dato alle stampe un articolo del genere si vede che era soddisfatta e felice del risultato della festa. Se andiamo a vedere chi gestisce il potere all'interno dell'Ateneo, non ci stupiamo di vedere ai vertici uomini e donne affiliati allo stesso partito di Repubblica. Se parliamo della finanziarizzazione dell’università, parliamo di tutte le riforme dell’istruzione dell’ultimo decennio e più.
Quale immagine propone oggi l'amministrazione della Statale?
L' università, che dovrebbe essere un centro di fermento politico e intellettuale, ancora una volta ha ribadito davanti ad un pubblico assolutamente indifferente la miseria culturale che regna sovrana.
Affittare il chiostro del Filarete, un bene comune e non vendibile, garantito da uno statuto speciale, è più di una scelta avida e cinica: è una scelta politica. Dice: pagate e vi sarà aperto.

Un altro spunto per pensare alla miseria che ci circonda mentre beviamo una buona Redbull.



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