lunedì 14 settembre 2015

What the fail?

Quest'articolo è l'introduzione alla sezione EXPO, tema principale del numero 1 della nostra rivista cartacea. Gli altri articoli sono disponibili su: scribd.com/doc/266327486/Numero1-web

Expo è un successo. Ha mantenuto tutte le promesse. Ha spartito capitali alle varielobbies lombarde e nazionali (Coop rosse e Comunione e Liberazione in primis). Ha smascherato il carattere timido della giunta Pisapia di fronte agli “interessi strategici”, cioè gli appetiti dei grandi agenti economici. 




Lo stesso ha fatto con Eataly e il suo pocosostenibile modello d'impresa e con Slow Food, facendo esplodere la contraddizione in cui versano i buoni, giusti e puliti, da una decina d'anni apertisi a connivenze pericolose con la classe politica e i big del capitalismo nostrano, agroindustriali e non.Una vittoria a tutto tondo: non sono mancate svariate manciate di metri cubi di cemento edistruzione di terreni agricoli, nutrendo le multinazionali e contaminando il pianeta.

La soddisfazione è amplia e trasversale. Le mafie, legali e non , si stringono in unabbraccio, compiaciute. Prime fra loro, le forze politiche di questo Ventennio. Un altro effetto benefico dell'esposizione meneghina: allineamento rigidissimo di lorsignori attorno all'assepro Expo. Viva la sincerità, abbasso la democrazia rappresentativa attuale.


Per quanto riguarda l'immagine, Expo ha colpito nel centro. Non tanto per la tentennantecampagna di comunicazione, ma proprio per quel che ne è derivato. La ripresa del logo, modificato e subvertito, ne ha aumentato straordinariamente la pubblicità, e ha trasformato Expo2015 da oggetto-evento lontano dal quotidiano a elementoappartenente al dominio del discorso informale. I fail lo hanno reso nazional-popolare. Accettabile.

Scrive a proposito Foucault ne Gli Anormali: "Mi sembra [...] che sia uno degli ingranaggi che fanno parte integrante dei meccanismi delpotere. Il potere politico si è effettivamente dato la possibilità di far trasmettere i suoi effetti, e, ancor più, di trovarne l'origine, in un recesso che è manifestamente, esplicitamente, volontariamente squalificato dall'odioso, dall'infame o dal ridicolo."

E ne dà questa spiegazione:"Sappiamo che gli etnologi [...] hanno individuato il fenomeno che fa sì che colui alquale si dà un potere sia, allo stesso tempo,attraverso un certo numero di riti e cerimonie,ridicolizzato o reso abietto, oppure venga mostrato sotto una luce sfavorevole. [..][Oggigiorno] mostrando pubblicamente ilpotere come abbietto, infame, ubuesco1 o semplicemente ridicolo, non se ne limitano glieffetti. Né viene detronizzato, con un attomagico, colui al quale si da la corona.Si tratta, al contrario, di manifestare in modo evidente l'insormontabilità e l'inevitabilità delpotere, che può per l'appunto funzionare intutto il suo rigore, e al limite estremo della sua razionalità violenta, anche allorquando è nelle mani di qualcuno realmente squalificato".

Noi, ben lungi dallo scadere nel pessimismo dell'inevitabile, scaviamo nei cantieri di quest'esposizione universale per estrarne i migliori reperti archeologici
di potere rimasti illesi al passaggio della grande macchina capitalista. Buona lettura.


ceccomo



1 Ubu è un personaggio di un fumetto francese diffuso negli anni '70 caratterizzato dall'essere grottesco, ridicolo e violento.

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