[Sono
consapevole che fare politica comporta impegno e difficoltà, e non
intendo sminuire gli sforzi di chi ci si applica, o additare la
verità; voglio comunque evidenziare alcuni limiti della pratica
politica militante, o anche solo sfogare il disagio di aver ascoltato troppe volte "Contessa" in manifestazione.]
Qualche
giorno fa sono stato ad un corteo antifascista. Si trattava di
contestare un convegno indetto dalla Lega Nord che ospitava diversi
partiti di destra europei (alcuni apertamente neofascisti come il
Front National).
Eravamo
forse millecinquecento persone, abbiamo camminato per le strade
deserte della semi-periferia ovest di Milano -un posto dove puoi fare
kilometri senza vedere un bar o un negozio aperti- fino al centro
congressi, ci siamo trovati ad un incrocio con polizia da ogni lato e
venti metri di transenne, qualcuno ha tirato dei fuochi artificiali
in cielo. Durante il percorso dei ragazzi hanno riempito i muri di
scritte come “odio la lega”.
Non
ho avvertito né provato entusiasmo o gioia o anche solo la
sensazione di fare qualcosa di utile per tutte le tre ore che sono
stato in quel corteo. Provo a spiegare perché, anche se questo
scritto è più un tentativo di capire che di spiegare.
Tutto
nasce dalla incapacità di comunicare quasi totale che è una
caratteristica di gran parte dei movimenti politici informali.
Questa incapacità è sia una causa che un effetto della distanza che
separa i movimenti dalla società che li contiene,
di cui sono un accessorio e non una parte integrante (con alcune
evidenti eccezioni, la Val Susa per citare la più nota).
Appena
arrivato in piazza sono stato accolto da un pezzo degli Ska-P e da un
gruppetto di digos piazzato all'uscita della metropolitana, e non so
dire cosa mi sia piaciuto di meno. Quasi ogni volta che vado in
manifestazione c'è un camion in testa al corteo con un impianto
stereo e delle casse, e io provo un senso di sconfitta quando parte
“Curre curre guagliò” dei 99 Posse. Anche stavolta è successo:
credo che potrei scrivere la corteo-compilation del 2016, e non
perché sono amico del DJ: semplicemente è quella del 2015, che a
sua volta è quella del 2014, eccetera. Il suo brano più recente è
(a parte qualche hit stagionale che varia di volta in volta) del
2011, credo; c'è un nucleo fisso di una ventina di pezzi e qualche
singolo che cambia a seconda dei gusti (non sempre)1. È una cosa che ti fa pensare che vita e politica abitino due mondi diversi, uno dove il tempo passa e uno in cui si è fermato intorno al 2008.
Il
tutto sembra messo insieme da un giornalista a cui abbiano detto di
fare una playlist di “musica antagonista”; la cosa triste è che
presi singolarmente i selecter del furgone ascoltano anche altra
musica, ma qualche forza invisibile li spinge (a qualsiasi
organizzazione appartengano) a mettere sempre gli stessi pezzi.
Una
volta -ricordo la data senza bisogno di controllare: 10 maggio 2014 a
Torino, eravamo davanti alla stazione di Porta Susa- ho quasi pianto
di gioia sentendo partire “Piombo e fango”, una produzione di Mr
Phil che era così tante spanne sopra la media del corteo che non
conta che sia del 2006; ho avuto paura per tutto il tempo che
qualcuno la togliesse per rimettere i Modena City Ramblers.
"Il disonor del mondo. Brutti porchi maledetti."
Al di
là del sospetto di un esperimento pavloviano che non riesco ad
allontanare (e ancora peggio dell'ipotesi che qualcuno ascolti con
piacere gli Ska-P) il messaggio è: “siamo la caricatura di noi
stessi”.
Quasi
metà della gente in piazza era intorno ai vent'anni, a volte poco
sopra i quindici. “Curre curre guagliò” ne ha ventitré. Davvero
non abbiamo saputo esprimere di meglio in ventitré anni? Perché a
nessuno viene in mente di ascoltare musica non-da-corteo ad un
corteo? Come mai bisogna creare una sorta di marchio di fabbrica
dell'impegno politico, con la giacca della Bundswehr, il fumo e il
reggae scadente? È utile? Se sì, a cosa? Gli studenti medi
ascoltano davvero “musica antagonista”? Se sì, perché
incoraggiarli in questa abitudine deleteria? Perché rafforzare uno
stereotipo che contribuisce a chiudere la militanza politica in una
bolla impermeabile, senza contatti col mondo reale e relegato per
moltissimi nel campo delle mode adolescenziali? Si può essere ben
certi che chi smette di ascoltare certa musica e di farsi i cilum in
cortile smetterà come automaticamente di andare in corteo, che era
la rappresentazione simbolica dell'impegno politico e che insieme
alle spillette verrà accantonato con un po' di vergogna alla
maggiore età.
C'è
una incapacità di comunicare verso l'esterno come verso l'interno.
La musica racconta al mondo e a chi la ascolta una storia priva di
senso, senza contatti con la realtà fisica; costruisce da sé il suo
mondo in cui tutto funziona e rinuncia all'impatto con le
contraddizioni. Allo stesso modo parole come “Milano è
antifascista” non hanno nessun valore, oltre ad essere palesemente
false. Sono uno slogan, una frase che si può pronunciare senza
pensare, che viene incontro alla tentazione di credere che la verità
stia nelle parole e non nei fatti -che dire qualcosa equivalga a far
avvenire qualcosa.
Milano
è nel migliore dei casi indifferente al fascismo; al di fuori dei
militanti la sua componente politica attiva, cioè i cittadini
istruiti e benestanti, ha come unico denominatore la “moderazione”,
cioè l'immobilità politica e sociale; la maggioranza dei suoi
abitanti non ha alcun interesse per la politica al di fuori della sua
dimensione mediatica (talk show, “ruspa!”, scandali) ed è
naturalmente incline alla guerra fra poveri. Perché facciamo finta
che non sia così? Perché parliamo a nome di gente che non la pensa
come noi, e che probabilmente non ci ama? Perché non ammettiamo di
essere un'eccezione e non la maggioranza?
Forse se dovessero scegliere tra i fascisti e chi li combatte i
milanesi sceglierebbero i primi, con le loro manifestazioni ordinate,
la loro disciplina, i vestiti rassicuranti da cresima, e l'odio per
gli stranieri. “Antifascismo” ha perso il suo significato tranne
che per pochi e poche: per i non addetti è solo un'altra parola
senza senso utile a definire un gruppo umano, come “centri sociali”
o “black bloc” o “femminismo”. Essere contro il fascismo vuol
dire nella narrazione dominante fumare canne, andare in corteo,
parlare in un megafono e non avere contatto o potere sulla realtà.
Noi puntualmente confermiamo questo stereotipo. Perché ci
accontentiamo di raccontarci come una sottocultura e non come
un'opzione politica?
b.
1
Costruisci la tua corteo-compilation:
- Articolo 31, “Spirale ovale” (2002), più almeno altri due pezzi da “Domani smetto” (2002)
- Ska-P, “El vals del obrero” (1996), “Legalizaciòn” (1996), “A la mierda” (2000), più almeno altri due pezzi dalla discografia completa
- Articolo 31, “Spirale ovale” (2002), più almeno altri due pezzi da “Domani smetto” (2002)
- Ska-P, “El vals del obrero” (1996), “Legalizaciòn” (1996), “A la mierda” (2000), più almeno altri due pezzi dalla discografia completa
-
Modena City Ramblers, “I cento passi" (2004), “Bella
ciao”ft. Goran Bregovic, più almeno altri tre pezzi dalla
discografia completa
-
The Clash, “London Calling” (1979)
-
Bob Marley, “Jammin'”(1977), “Stir it up” (1967), più
almeno altri tre pezzi dalla discografia completa
-
Meganoidi, “Supereroi contro la municipale” (2000)
-
Assalti Frontali, “Cattivi maestri” (2011), più almeno altri
tre pezzi dalla discografia completa
-
ora continua tu! Non dimenticare un po' di Stormy Six; almeno un
pezzo di Caparezza; qualcosa dei Punkreas; si accettano anche AC/DC,
Rolling Stone, Blink 182.
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